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domenica 6 febbraio 2011

Arte nel Novecento, l'ombra del sacro

di Andrea Dall'Asta
Non è un caso se nel corso del Novecento, molti arti­sti, quando hanno cerca­to di tematizzare i processi all’o­rigine del gesto della creazione artistica, hanno parlato di presen­za, di alterità, di percezione del­l’esistenza di un altro, di uno sco­nosciuto che abita il cuore del­l’uomo, di spirito divino o ancora di spirito cosmico . Presenza mi­steriosa e inafferrabile che ci par­la dell’accesso all’essere del mon­do. Presenza opaca e allo stesso tempo luminosa, che si sottrae a qualunque definizione o concet­to univoci. Di fatto, ogni artista ha la sua modalità d’espressione, il suo modo di interpretare la propria esperienza in relazione all’assoluto. Tuttavia, qualunque sia il linguaggio, c’è l’affermazio­ne di una presenza al cuore del­l’atto creatore. L’esperienza del­­l’artista traduce con la materia il sorgere in lui di questa presenza. Padre Couturier lancia un vero e proprio appello ai maestri, ai grandi artisti dell’arte contempo­ranea i quali, anche se non cre­denti, sono chiamati a operare nell’ambito liturgico della Chie­sa. Numerosi sono gli esempi che costituiscono avvenimenti pressoché unici per tutto il Nove­cento.
La Cappella del Rosario di Vence (1947-1951), dove opera Matisse ormai ottantenne, costituisce u­na grande sintesi tra pittura, scultura e architettura. Couturier è il grande coordinatore. La bel­lezza del luogo deve potere cam­biare il cuore. La purezza delle forme purificare le anime. Un luogo di preghiera diventa il compimento d’arte totale a ser­vizio della liturgia. Il padre domenicano Marie-Alain Couturier assiste anche alla rea­lizzazione del mosaico della Chiesa di Audincourt (1951) di Jean Bazaine, dedicato al Sacro Cuore in cui le forme di acque vi­ve, del sole e del sangue, sono trasfigurate, ispirandosi a Isaia («Voi attingerete l’acqua della vo­stra gioia alle sorgenti del Salva­tore ») e a Santa Margherita Maria Alacoque («Gesù mi apparve tut­to sfavillante di gloria con le sue cinque piaghe brillanti come cin­que soli»). Fernand Léger realizza le diciassette vetrate della navata e del coro.
In questo contesto è esplicitata un’intuizione fondamentale, an­cora oggi troppo dimenticata: il superamento della contrapposi­zione tra figurazione e non-figu­razione. Quale relazione esiste tra arte sacra e arte non-figurativa? Come considerare la religiosità di un’opera se il soggetto non è fi­gurativo, vale a dire non imme­diatamente riconoscibile a parti­re dalle forme della natura e della storia? La contrapposizione è un falso problema, in quanto, come ricorda il domenicano: «Le forme vere sono forme vive. La scelta degli artisti non è in­nanzitutto tra cristiani e non-cri­stiani, ma fra buona pittura e cat­tiva pittura, buona scultura e cat­tiva scultura. D’altronde, ricorda p. Couturier, non è forse sant’A­gostino ad affermare che molti credono di essere dentro e sono fuori e molti sembrano essere fuori e sono dentro».
Da questa ispirazione non-figu­rativa nascono i lavori di Alfred Manessier con le vetrate per la chiesa di Sainte-Agathe a Les Bre­seux, e di Jean Bazaine nella chie­sa di Saint Sévérin (1965-1969) con il ciclo di vetrate dedicate ai Sette Sacramenti nella seconda metà degli Anni Sessanta. I diver­si soggetti si fanno colori lumino­si che attraversano lo spazio ar­chitettonico. Lo spazio si fa colo­rato, in continua vibrazione a se­conda del variare della luce du­rante le diverse ore del giorno. Le Corbusier a Ronchamp pro­getta la cappella Notre-Dame du Haut (1953-1955) in cui cerca u­na sorta di grado zero, un’archi­tettura primitiva nella sua dram­matica forza espressiva, spiaz­zante nella sua informalità. Le facciate appaiono come robuste fortificazioni bucate da finestre irregolari, sghembe, strombate. L’impianto ignora ogni schema geometrico tradizionale, abban­donando l’ovvietà del piano oriz­zontale e verticale. Il volume sembra generato da un flusso di energia, liberando un’intensa e­motività espressionista. Il Con­vento domenicano de La Tourette (1960) appare come un blocco chiuso immerso nella natura, ca­ratterizzato dalla forza espressiva del cemento a vi­sta non rifinito. Tutta l’architettura prende forma in un potente e sa­piente gioco della luce.
La Rothko Chapel progettata da Phi­lip Johnson rive­stita di tele di Mark Rothko (1965-1966), tra i massimi rappre­sentanti di quell'Espressionismo astratto che diventerà tra gli a­spetti caratterizzanti l’arte ameri­cana della seconda metà del No­vecento, costituisce certamente uno degli interventi più significa­tivi del Novecento. Vanno poi al­meno citati gli importanti inter­venti di Fernand Léger nella chiesa di Notre-Dame de Toute Grâce, dove realizza un colora­tissimo mosaico sull’intera facciata sul tema di Maria, di Graham Suther­land nella chiesa parrocchiale di Saint Matthew a Northampton e nella cattedrale di Coventry (1952), in cui realizza un celeberrimo Cristo in trono racchiuso in una mandorla, iera­tico e allo stesso tempo impo­nente, i lavori astratti di Pierre Soulages nell’Abbazia di Sainte Foy a Conques (1987-1994). Non può essere purtroppo dimentica­ta la mancata realizzazione della quinta porta del Duomo di Mila­no (1950-1952) da parte di Lucio Fontana, parzialmente compen­sata dalla messa in opera della Pala del Sacro Cuore, sempre del­lo stesso autore, nella chiesa di San Fedele di Milano (1957), su commissione del padre gesuita Arcangelo Favaro.
In Italia numerose chiese sono costruite tra gli anni 40 e 50. Ri­cordiamo solo architetti come Luigi Figini, Gino Pollini, Bruno Morassutti, Angelo Mangiarotti, Gio Ponti. Da considerare con particolare attenzione sono gli interventi del padre francescano Costantino Ruggeri, chiamato Frate Sole: Soldato di due milizie, quella della fede e quella dell’arte, come lo definisce Mario Sironi, a­mico dell’artista. Ruggeri lavora nel desiderio di rendere visibile, sensibile, quella presenza di Dio che c’è già, che è innata dentro di noi, realizzando architetture leg­gere, eteree, fatte di luce e di co­lore attraverso la realizzazione di vetrate. Occorre ricordare, dopo la prima mostra del 1951 alla Gal­leria San Fedele di Milano, nume­rosi progetti di cappelle, di picco­le chiese, e numerosi adegua­menti liturgici. Progetta la chiesa di San Francesco Saverio a Yama­guchi, in Giappone e il Santuario del Divino Amore a Roma (consa­crato il 4 luglio del 1999 da Papa Giovanni Paolo II).

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